Varcando il portone in legno si incontra una prima area che precede il grande piazzale; un piccolo giardino segreto si scorge oltre la grata in ferro sulla sinistra, entrando si trovano la cantina con i mescitori di vino ed i fuochisti addetti alla preparazione di parte dei secondi alla brace, tutti sorvegliati da una imponente pianta di fico. Proseguendo oltre il cancello sotto lo sguardo delle due aquile si apre alla vista il maestoso cortile, il cuore pulsante della taverna, animato dal viavai dei Popolani, dai cori delle tavolate, dai drappi appesi lungo le pareti. Dal lato sinistro arriva odore di buona carne, calore di brace ardente e di canti: siamo a "Lu focu", ci ricorda il disegno di un'aquila, con forchettone e vino al seguito, dipinto bene in vista sopra la grande griglia. Dal 2006, in seguito ai lavori di pavimentazione del piazzale, il fuoco viene trasferito all'interno di quelle che una volta erano le Salette Verdi. Lo sguardo si sposta e viene inevitabilmente catturato dal magnifico murale che domina il piazzale. La storia di questo murale è profondamente legata a quella del Rione: l'autore Marco Napoleoni, simpatico personaggio di Pedaso, frequenta sin da giovane la nostra città soprattutto nei giorni di Quintana ed allaccia grandi amicizie con molti Puellari nelle belle serate di taverna. Nel 1990, durante una cena nell'allora taverna alla Torre dei Cinque Cantoni, il nostro ristoratore marchigiano con un passato di studi artistici, colto dall'ispirazione e sotto la guida del dio Bacco, improvvisa di getto un disegno sulla parete della cucina, vicino alla zona "sporzionamento primi": il volto di un cavaliere con l'elmo all'Eroica e con accanto l'ormai celebre motto "i più belli, i più brilli, quelli del Pugilli". Il giorno seguente arriva la splendida quanto inaspettata vittoria al Campo de li Giochi, perciò l'effige nata la sera prima diventa un vero e proprio portafortuna per il Rione. Nel trasferimento alla nuova taverna gli amici puellari che non vogliono separarsi dal quel cavaliere invitano Marco a progettare un disegno simile, questa volta per il grande murale che oggi tutti ammiriamo. Lungo questa parete si affacciano alle finestre di una bella capanna in legno gli addetti alle prenotazioni "secondi di griglia", le "bruschettare" che sfornano gli antipasti, si ritirano le stoviglie da consegnare all'infaticabile "squadra lavapiatti" e si intravede l'ingresso alla cucina, il cuore, il motore della taverna.
Dalla fragile parete di "cannucciola" che proteggeva il tavolo delle "bruschettare" nella Torre dei Cinque Cantoni a questa importante postazione nella capanna con decorazioni e finestre il percorso è lungo e fatto di tanta gavetta ma anche di tante risate in compagnia. Da quelle finestre affacciate sul piazzale le serate hanno inizio: non escono solo antipasti, cestini di pane, dolci, ma si intonano anche canti e si fanno balli che coinvolgono il popolo e partono scherzi di tutti i tipi. Tra piatti e battute lo sguardo attento scruta gli avventori seduti ai tavoli, alla ricerca di un riscontro positivo sulle pietanze servite, alla ricerca di un'espressione d'apprezzamento per il gran lavoro svolto ogni sera. Il tavolo più romantico del piazzale? quello sotto la vite che cresce anno dopo anno e diventa sempre più rigogliosa, insieme a questa grande famiglia. Tre sono gli accessi che dall'esterno conducono alle sale interne: qui, dopo anni di disuso, tornano a splendere i mattoni delle volte, le anguste celle cedono il posto ad ampi saloni decorati con imponenti lampadari in ferro battuto, statue e tessuti. Una volta dentro si è quasi inconsapevolmente sospinti a raggiungere con lo sguardo la parete di fondo della Sala Grande, dove Massimo Botti ci onora da tempo affrescando veri capolavori unici nel loro genere. Il primo affresco mostrava una veduta di Foligno, soprattutto del nostro quartiere, mentre la nuova opera esalta al massimo L'Aquila Nera in tutta la sua potenza e maestosità. Durante ricerche svolte per dare vita a questo testo ci siamo resi conto come non mai di quanto fosse importante per i nostri predecessori avere una sede stabile un punto di incontro unito alla taverna e vivibile in ogni periodo dell'anno. Oggi, salendo le scale che dalla Sala Cacace portano su in sede, capiamo la forza di quel sogno e apprezziamo ancora di più tutti gli sforzi fatti per tramutarlo in realtà. Ogni gradino ogni mattone, ogni centimetro quadrato di questa casa sono l'eredità lasciataci dai nostri grandi predecessori, sono la tappa cruciale del loro e del nostro lungo percorso; possiamo quasi sentirli ancora chiacchierare per le stanze, discutere, lavorare, ora sta a noi portare avanti la staffetta con tutto il fiato in corpo per poter passare il testimone nel migliore dei modi a chi vorrà seguirci.